Per quanto riguarda la pedofilia, il triumvirato costituito da Giovanni Paolo II e dai cardinali Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone, rispettivamente prefetto e viceprefetto della Congregazione per la dottrina della fede, adottò un'autentica politica di contenimento per i casi in cui erano implicati sacerdoti. I tre consideravano la pedofilia un «problema» da nascondere, in cui i colpevoli dovevano essere protetti a ogni costo, senza preoccuparsi di prestare assistenza alle vittime.
Per loro, si trattava di un problema legale ed economico piuttosto che morale. Curiosamente, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sempre propensi a dare la propria opinione su tutto quanto di umano e di divino accadeva, non pronunciarono mai un discorso né lanciarono un messaggio sul possibile legame tra l'obbligo dei sacerdoti a rispettare la castità ecclesiastica e la tendenza di molti di loro ad abusare di bambini.
Davvero curioso.
Il 18 maggio 2001, Ratzinger e Bertone inviarono dal Sant'Uffizio alle gerarchie ecclesiastiche sparse per il mondo una lettera in latino, in cui si davano ordini perentori e precisi su come affrontare «i delitti più gravi commessi dai propri membri contro la morale e la celebrazione dei sacramenti», cioè la pedofilia. La lettera era protetta dal «segreto pontificio».
Ratzinger e Bertone spiegavano che questi delitti sono di competenza del tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede; che, se un superiore viene a conoscenza di un delitto, deve comunicarlo alla Congregazione; che, nel caso in cui la Congregazione non abbia preso nessun provvedimento, il superiore è autorizzato a gestire il caso come ritiene più opportuno; che, se il superiore lo ritiene conveniente, può costituire un tribunale speciale composto solo da sacerdoti; che tutti i casi di pedofilia devono essere protetti dal «segreto pontificio» e di conseguenza tutte le risoluzioni devono rimanere segrete; che i delitti di pedofilia in cui sono coinvolti dei sacerdoti «devono rimanere segreti ed essere giudicati rigorosamente solo in un processo interno»; infine, che chiunque viola il «segreto pontificio» sarà sospeso a divinis. Che succede allora con il pedofilo? La Chiesa o l'autorità ecclesiastica competente deve denunciare i fatti alla polizia? Assolutamente no.
Un altro punto davvero delicato per Ratzinger era una disposizione inclusa nel testo, che diceva: «Si deve notare che l'azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. […] Ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il diciottesimo anno di età». Come dire che il delitto di pedofilia si prescrive, secondo il prefetto Ratzinger, quando la vittima dell'abuso compie ventotto anni.
Qualche anno dopo, questo testo mise in seria difficoltà Benedetto XVI durante la sua visita pastorale negli Stati Uniti.
Daniel Shea, un avvocato di Houston, difensore delle vittime di abusi commessi da sacerdoti, presentò una denuncia al tribunale federale per «ostruzione alla giustizia». Joseph Ratzinger doveva presentarsi per rispondere alle accuse, ma il cardinale era già diventato Sommo Pontefice di Roma e capo dello Stato della Santa Sede.
Il 23 agosto 2003 fu una data particolarmente significativa per la politica vaticana, colpita dallo scandalo dei casi di pedofilia commessi da sacerdoti negli Stati Uniti. Quel giorno, infatti, il sessantottenne sacerdote pedofilo John Geoghan fu strangolato nella sua cella nel carcere di Souza-Baranowsky, a nord di Boston, da un altro recluso, Joseph Druce.
Il sacerdote stava scontando una condanna a dieci anni perché aveva palpato i genitali a un bambino che giocava nella piscina di famiglia ed era in attesa di essere processato per altri centotrenta casi di abuso sessuale su minorenni. Il «caso Geoghan» scatenò una reazione a catena, portando alla luce numerosi casi di pedofilia e mettendo in crisi la Chiesa cattolica statunitense.
Nel gennaio del 2002, il prestigioso quotidiano Boston Globe fu il primo a rendere pubbliche le denunce contro Geoghan e il favoreggiamento da parte dell'arcidiocesi. Nella prima relazione del procuratore generale del Massachusetts erano stati identificati con nome e cognome 789 bambini e bambine vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti. (La cifra reale dei casi di abuso ad opera di circa 250 sacerdoti o altri membri secolari della Chiesa negli ultimi sessant'anni è di circa 1580 nell'area di Boston e di oltre 5000 in tutti gli Stati Uniti)
«Era chiaramente un'anima tormentata, un uomo malato e un prete predatore» disse di padre Geoghan Scott Appleby, storico delle religioni, nelle dichiarazioni rilasciate a diversi mezzi di comunicazione americani.
«Predatore sessuale» era la definizione più frequente che davano di Geoghan le sue vittime, delle quali ottantasei risolsero la faccenda fuori dai tribunali sporgendo denuncia all'arcidiocesi di Boston e ricevendo un indennizzo di dieci milioni di dollari ciascuno.
Le compulsioni sessuali di John Geoghan descritte dettagliatamente nei fascicoli dell'indagine giudiziaria sono impressionanti.
Il sacerdote sceglieva sempre la vittima più vulnerabile.
Patrick McSorley, un bambino di sette anni, fu portato a passeggio da Geoghan il giorno dopo la morte del padre. Il prete gli comprò un gelato e mentre lo riaccompagnava a casa prese a toccargli i genitali e a masturbarsi. La madre di Patrick, sconsolata e grata al sacerdote per il suo aiuto, gli affidò il figlio, che divenne per un periodo la vittima delle aberrazioni di Geoghan, il quale, tra le altre cose, lo sodomizzò. La stessa cosa fece con altri sette bambini, tutti appartenenti a una famiglia di Forrest Hills. Maryetta Dussourd, madre single e povera, apprezzava la generosità del parroco, che non mancava mai al suo appuntamento con i bambini. Li portava a passeggio, li teneva quando la madre doveva uscire e li metteva a letto. Era proprio in questa occasione che li toccava e li costringeva a toccarlo, di solito durante la preghiera. Helen, di soli quattro anni, fu costretta a fargli una fellazione. L'inizio degli abusi di Geoghan risale ai primi anni dopo l'ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1962. Tutti i delitti furono commessi a Boston e nei dintorni.
La gerarchia ecclesiastica, guidata da Giovanni Paolo II, dal cardinale Joseph Ratzinger, dal cardinale Tarcisio Bertone e dall'arcivescovo di Boston Bernard Law, permise a una persona come Geoghan di continuare a esercitare le sue funzioni nonostante le numerose denunce presentate a Law contro di lui. Ci fu un periodo in cui le autorità ecclesiastiche inviavano Geoghan in istituti di riabilitazione, ma quando veniva dimesso gli assegnavano nuovi incarichi, anche con i bambini.
Il pedofilo John Geoghan era perdonato come se gli abusi sessuali commessi su decine di bambini e bambine fossero peccati e non delitti. Il sacerdote John Geoghan non fu destituito fino al 1998, trentasei anni dopo aver commesso il primo reato sessuale contro bambini. Il 13 dicembre 2002, la permissività e l'indifferenza davanti al dolore delle vittime e delle loro famiglie costarono le dimissioni al cardinale Bernard Law, una delle personalità più importanti della Chiesa cattolica negli Stati Uniti. (Dopo le dimissioni, il cardinale Bernard Law fu nominato da papa Giovanni Paolo II arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma).
Il Vaticano non fece nessuna dichiarazione ufficiale dopo aver appreso la notizia dell'assassinio di Geoghan, ma il cardinale spagnolo Julián Herranz, membro di rilievo dell'Opus Dei e presidente della Pontificia commissione per i testi legislativi della Santa Sede, dichiarò in un'intervista pubblicata sulla Repubblica del 25 agosto 2003: «L'assassinio di Geoghan è una sconfitta per tutti. […] Appena l'ho saputo ho pregato per la sua anima e per il suo aggressore [Joseph Druce]». Ma chi, in Vaticano, ha pregato pubblicamente per le innumerevoli vittime di Geoghan o per gli oltre 5600 tra bambini e bambine che hanno subito abusi sessuali da parte di religiosi, solo negli Stati Uniti? Nessuno. Silenzio assoluto, a divinis, per ordine di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI.
Una stima del prestigioso settimanale Business Week dimostrava che, in base agli indennizzi che la Chiesa cattolica aveva dovuto pagare negli Stati Uniti alle numerose vittime di pedofilia, l'arcidiocesi di Boston aveva avuto nel 2003 un deficit di cinque milioni di dollari, quella di New York di venti milioni e quella di Chicago di circa ventitré milioni di dollari. Le donazioni, inoltre, si erano ridotte drasticamente, poiché tre cattolici su quattro ritenevano veritiere le accuse di pedofilia rivolte ai religiosi e pertanto la Chiesa non meritava nessuna offerta di tipo economico. La stessa inchiesta dimostrava che il settantadue per cento dei cattolici statunitensi intervistati credeva che «la gerarchia cattolica avesse gestito male il problema della pedofilia» e il settantaquattro per cento che «il Vaticano pensasse soltanto a difendere la propria immagine e non a risolvere il problema».
All'elenco dei pedofili confessi si aggiungevano i nomi di prestigiosi membri della curia accusati di aver commesso, nella maggior parte dei casi, abusi su minorenni, di aver avuto relazioni omosessuali e rapporti sessuali con donne oppure, semplicemente, di aver dato copertura ai pedofili.
Ecco alcuni nomi:
- Anthony J. O'Connell, vescovo di Palm Beach, in Florida, ammise di avere abusato sessualmente di due ragazzi.
- J. Keith Symons, vescovo di Palm Beach, predecessore di O'Connell, fu costretto a dimettersi dopo aver riconosciuto di avere abusato di cinque chierichetti.
- Rembert Weakland, arcivescovo di Milwaukee. Si dimise quando si scoprì che aveva pagato 450.000 dollari a un ex amante, un uomo che lo accusava di averlo violentato.
- James Williams, vescovo di Louisville, in Kentucky. Fu accusato da un chierichetto di aver cercato di sodomizzarlo. Si dimise e, poco tempo dopo, si scoprì che ci aveva provato con altri novanta bambini.
- James McCarthy, vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di New York. Si dimise dopo avere ammesso di avere avuto rapporti sessuali con diverse donne.
- John B. McCormack, vescovo di Manchester, nel New Hampshire. I pubblici ministeri stanno cercando di incriminarlo per favoreggiamento, avendo protetto i sacerdoti pedofili quando si trovava presso l'arcidiocesi
di Boston.
- Brendan Comiskey, vescovo di Ferns, in Irlanda. Lasciò l'incarico quando si scoprì che aveva dato copertura a ventitré sacerdoti della sua diocesi colpevoli di avere abusato sessualmente di bambini.
- Julius Paetz, arcivescovo di Poznan, in Polonia, amico di Giovanni Paolo II. Si dimise dopo avere ammesso di aver abusato sessualmente di decine di seminaristi.
- Pierre Pican, vescovo di Bayeux-Lisieux, in Francia. Condannato a tre mesi di carcere per avere coperto un sacerdote pederasta.
- Alphonsus Penney, arcivescovo di St. John di Terranova, in Canada. Si dimise per aver occultato decine di abusi commessi su una cinquantina di bambini e bambine da circa venti sacerdoti nella sua diocesi.
- Hubert Patrick O'Connor, vescovo di Prince George, in Canada. Fu ufficialmente accusato dalla polizia criminale canadese di aver violentato e aggredito sessualmente diverse donne.
- Eamon Casey, vescovo di Dublino, in Irlanda. Presentò le sue dimissioni quando saltò fuori che aveva un figlio adolescente e che si era appropriato di denaro della diocesi per darlo alla madre del ragazzo.
- Rudolf Bär, vescovo di Rotterdam, in Olanda. Accusato di essere omosessuale, fu costretto a dimettersi.
- Hansjörg Vogel, vescovo di Basilea, in Svizzera. Abbandonò la carica quando si scoprì che aspettava un figlio dalla propria amante.
- Roderick Wright, vescovo di Argyll e delle Isole Occidentali, in Scozia. Si dimise dopo una «scappatella» sessuale con una giovane parrocchiana.
- John Aloysius Ward, arcivescovo di Cardiff, in Galles. A causa della forte pressione popolare, Ward fu destituito dal Vaticano perché aveva coperto due preti pedofili arrestati per aver violentato undici bambini.
- Franziskus Eisenbach, vescovo ausiliario di Magonza, in Germania. Si dimise quando la docente universitaria Anne Bàumer-Schleinkofer lo accusò di avere abusato sessualmente di lei.
- George Peli, arcivescovo di Sydney, in Australia. Si dimise dopo l'accusa di tentata violenza sessuale su un bambino di dodici anni. Tre mesi prima era stato accusato ufficialmente di favoreggiamento per avere coperto sacerdoti pedofili quando era vescovo ausiliario di Melbourne, offrendo alle vittime denaro in cambio del silenzio.
- Edgardo Storni, arcivescovo di Santa Fe, in Argentina. Processato per avere abusato sessualmente di almeno una cinquantina di adolescenti, tutti seminaristi.
Ma il caso più eclatante fu quello del cardinale Hans Hermann Groèr, arcivescovo di Vienna che abusò di diversi minorenni.
Il prelato, ultraconservatore, aveva iniziato insegnando a un ragazzo come «pulirsi il pene per evitare infezioni» durante la doccia. A fare scattare le prime denunce fu proprio Groèr, quando in una lettera pastorale affermò: «I molestatori di bambini non erediteranno il Regno dei cieli».
Quella semplice frase aprì la porta alle denunce delle prime vittime contro il cardinale primate d'Austria. La cosa curiosa è chemolte vittime affermarono di aver già sporto denuncia agli inizi degli anni Settanta contro Pallora vescovo Groèr, ma che il Vaticano le aveva fatte passare sotto silenzio.
Per papa Wojtyla, Hans Hermann Groèr era una figura determinante, visto il ruolo acquisito dall'Austria nella politica estera vaticana. Tredici mesi dopo aver ricevuto la prima denuncia contro Groèr, Giovanni Paolo II lo aveva nominato arcivescovo di Vienna, la massima carica della Chiesa cattolica austriaca. Quando vennero alla luce le prime denunce, il nunzio Donato Squicciarini rilasciò una dichiarazione ufficiale di solidarietà nei confronti di Groér: «La Santa Sede ha molta esperienza [sic] in questo campo e quanto accade in Austria e già successo in altri paesi. Sono sicuro che anche il ‘caso Groér' non ha alcun fondamento. Tutto questo gli dà più coraggio per continuare a occupare la carica di presidente della Conferenza episcopale austriaca».
A questa dichiarazione ne seguirono altre, come quella del vescovo Kurt Krenn, che attaccò le vittime dicendo: «Sono anime malate e le loro accuse sono inconcepibili e maligne. Dovrebbero chiedere scusa al cardinale».
Alla fine, nel 1995, in piena polemica, il cardinale Groér cedette alle pressioni e presentò le dimissioni da arcivescovo di Vienna a papa Giovanni Paolo II, il suo più convinto sostenitore. Quando il 14 aprile 1998 Groér chiese al papa di accettare la sua rinuncia a tutte le cariche ecclesiastiche, il papa acconsentì, ma dichiarò:
«Spero che il tentativo di distruzione [della Chiesa austriaca] non abbia successo e che la zizzania seminata dal sospetto e dalla discordia non prevalga tra i cattolici». Il Vaticano chiuse l'indagine interna sul «caso Groér» alla fine del 1998.
Sembra che tutti i fatti denunciati siano realmente accaduti. Il cardinale Schònborn, successore di Groér e suo principale difensore, alla fine fu costretto ad ammettere: «Siamo arrivati alla convinzione morale che le accuse mosse all'arcivescovo emerito cardinale Hans Hermann Groér sono essenzialmente vere. Spero che il cardinale Groér sia in grado di pronunciare qualche parola chiarificatrice e liberatrice. Prego e invito a pregare affinché possa farlo». Il cardinale Groér morì il 24 marzo 2003, all'età di novantaquattro anni, a Sankt Pòlten, in Austria. L'anno successivo a quello in cui esplose il «caso Groér», quasi cinquantamila austriaci abbandonarono ufficialmente il cattolicesimo.
La sera del 2 aprile 2005, Giovanni Paolo II, il principale difensore e sostenitore del pederasta Groér, morì all'età di ottantacinque anni, dopo ventisei anni, dieci mesi e diciassette giorni alla guida della Chiesa cattolica. Il pontificato di Wojtyla lasciava in eredità una politica intransigente, contraria a rivedere le proprie posizioni sul celibato ecclesiastico, sul matrimonio tra omosessuali, sull'aborto, sulla ricerca sugli embrioni, sul controllo delle nascite e sul sacerdozio femminile.
Mantenne anche la struttura piramidale, rigida e chiusa, della gerarchia ecclesiastica, simile in tutto e per tutto alla più rigorosa delle monarchie assolute, quella di Luigi XIV, il Re Sole.
Inoltre, ebbe la pretesa di mettere a tacere, pagando ingenti somme di denaro, lo scandalo degli abusi sessuali commessi per decenni da religiosi su bambini. Nessuno dei colpevoli fu espulso dalla Chiesa. Senza dubbio, un grande esempio per un papa che molti vorrebbero già prossimo al sublime traguardo della canonizzazione. Santo subito!
Il papa che era riuscito a diffondere la parola di Dio attraverso la CNN, morì circondato dalla folla, proprio come aveva vissuto. Come dicono i suoi critici, Karol Wojtyla o Giovanni Paolo II «fu più vicino almessaggio che a Dio».
(Eric Frattini - "I papi e il sesso")